DI: Franco Antola
Una risorsa per l'economia della città e della provincia o, allo stato, solo un ostacolo allo sviluppo di aree strategiche oggi assoggettate ai rigidi vincoli militari, che hanno costretto a cercare altrove spazi di crescita? E' un dilemma storico quello su cui oggi si interrogano La Spezia e il mondo economico-produttivo. Gli scenari, in effetti, sono profondamente mutati da quando Napoleone Bonaparte, per primo, cominciò ad intuire le grandi potenzialità strategiche del golfo, ipotizzando la nascita di un grande arsenale. Un'idea certo non peregrina, non a caso ripresa successivamente da Cavour, a quel tempo – eravamo nel 1857 - presidente del Consiglio e ministro della Marina, e poi sviluppata, su suo incarico diretto, dal generale Domenico Chiodo, ufficiale del Genio militare (fu lui a inaugurare, il 28 agosto1869 l'impianto, non ancora completato, con l'allagamento dei bacini). Un'opportunità, allora, soprattutto di natura strategico-militare, ma non solo, visto che l'Arsenale divenne nel giro di pochi decenni il polmone occupazionale della provincia con i suoi diecimila dipendenti. Di fatto, il polo “produttivo” che sancì la crescita di Spezia. E oggi? Di quei diecimila occupati, che arrivarono ai tempi d'oro fino a 12mila, non restano che poco meno di 800 posti di lavoro, fra civili e militari, sui quali pesano le incognite legate alle scelte “politiche” della Difesa. Ha ancora un senso, oggi, vincolare una superficie di 85 ettari a destinazione quasi esclusivamente militare, sottranendo spazi pregiati, per esempio, all'industria civile o al turismo, costringendo la città ad espandersi un po' disordinatamente verso est? La risposte non sono univoche. E' vero, infatti, che l'Arsenale ha reso off limits enormi spazi togliendoli alla fruizione pubblica – ne sanno qualcosa frazioni come Marola o Fabiano, private a lungo di un loro accesso al mare – ma è altrettanto certo che quelle stesse aree, aspetti occupazionali a parte, sono state comunque salvaguardate dall'aggressione del cemento e della speculazione, che a partire dagli anni '60 hanno stravolto molta parte del patrimonio ambientale del Paese. Certo, nel rapporto fra Marina Militare e amministrazioni pubbliche non sono mancate rigidità e incomprensioni durate decenni, ma oggi il quadro è molto cambiato. Grazie alle nuove “aperture” della Difesa e dei vertici della Marina Militare, attività private hanno potuto ritagliarsi spazi all'interno dello stabilimento militare e soprattutto si è riallacciato un dialogo che ha consentito proficui scambi fra amministrazioni pubbliche, imprenditoria privata e istituzioni culturali, da un lato, e Marina Militare dall'altro. Così, le aree dell'Arsenale hanno cominciato ad ospitare rassegne specializzate dedicate alle attività e all'industria nautica, mentre edifici a vocazione militare (come l'ospedale militare) hanno lasciato spazio, sulla base di apposite convenzioni, a servizi sanitari civili. Ma non solo. Il dialogo si è avviato anche sulla partita ben più importante delle sinergie industriali e delle tecnologie navali, con significativi riscontri di natura economica. In questo quadro si colloca per esempio l'esperienza di “Sea future & Maritime Technologies”, rassegna internazionale delle tecnologie navali che offre alle imprese la possibilità di fare accordi commerciali con Marine Militari, grandi aziende e mondo della ricerca, e alla Spezia e il suo Arsenale l’occasione di confermarsi polo del refitting e dell’alta tecnologia. La base navale spezzina nel maggio 2016 è stata il cuore pulsante dell'evento organizzato da La Spezia Eps, Azienda speciale della Camera di Commercio della Spezia, con la Marina Militare, la Camera di Commercio della Spezia, l’Autorità Portuale della Spezia, il Distretto Ligure delle Tecnologie Marine, il Comune della Spezia, con il patrocinio del Ministero della Difesa, del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dalla Regione Liguria. Un esempio virtuoso di come, oggi, Marina Militare e mondo dell'imprenditoria possono dialogare e lavorare “in squadra” per raggiungere obiettivi comuni. L'Arsenale, dunque, ha un suo ruolo e un suo futuro. Aspetti, questi, su cui ha dato garanzie lo stesso ministro della Difesa Roberta Pinotti, recentemente alla Spezia in occasione della cerimonia di brevettamento di dieci nuovi incursori del ComSubin, il comando delle forze speciali della Marina. La titolare del dicastero ha detto in sostanza che il programma di finanziamenti per lo sviluppo dell'Arsenale, il cosiddetto "Piano Brin", è "stato riattivato su mio impulso e quindi c'è l'impegno ad andare avanti" con la creazione di nuovi posti di lavoro e l'ammodernamento dei sistemi produttivi.Uno scenario plausibile? Il sindacato sostiene che proprio il Piano Brin è il nodo centrale dello sviluppo e addirittura della sopravvivenza dell'Arsenale militare, una struttura legata alla conservazione del suo patrimonio di professionalità che, senza un piano organico dello Stato, non potrà essere consegnato alle generazioni future.
"Qui non si tratta – osserva Franco Volpi, segretario generale della Funzione pubblica Cisl - di trovare le risorse per far fronte alle normali esigenze di carattere produttivo e di manutenzione, il vero nodo è la garanzia del turnover, per evitare che l'uscita delle maestranze più anziane blocchi di fatto il trasferimento del loro grande patrimonio di competenze ai giovani.
"I conti sono presto fatti – chiarisce Volpi - : dei trenta milioni originariamente previsti dal piano Brin, ne sono arrivati quattro. Si tratta di risorse importanti, certo, che permettono di intervenire sui bacini i quali, ricordiamo, sono un patrimonio unico in Europa di queste dimensioni. Eppoi le infrastrutture, le officine, gli spogliatoi delle maestranze.Oggi si rischia che quei soldi siano usati per costruire cose a beneficio di altri, che lavorano fuori dall'Arsenale, senza alcun valore aggiunto per noi".
La prima cosa da fare?
"Intanto riaprire subito la scuola operai chiusa da vent'anni, che è un centro di formazione capace di preparare figure professionali in grado di lavorare sia per il pubblico che per il privato. Mettere a posto bacini e officine, poi, non è sufficiente: sarebbe inutile disporre di impianti moderni ed efficienti, senza personale nostro. Su questi temi abbiamo chiesto un impegno diretto al ministro della Difesa”.
La Storia
L' Arsenale militare della Spezia – che occupa la zona centro-occidentale del Golfo, a due passi dal centro cittadino – deve la sua nascita a Cavour, per quanto già Napoleone Bonaparte avesse intuito le grandi potenzialità strategiche dell'area e la possibilità di costruirvi una grande base navale; le sue sconfitte a Lipsia e a Waterloo impedirono però la realizzazione del progetto.
L'idea di Napoleone fu fatta propria nel 1857 dall'allora presidente del Consiglio, Camillo Benso conte di Cavour appunto, che affidò a Domenico Chiodo, ufficiale del Genio militare, la costruzione della nuova base navale. I lavori, iniziati nel 1862, terminarono il 28 agosto 1869: fu in quell'anno che Chiodo inaugurò l'impianto - non ancora del tutto completato – con l'allagamento dei bacini appena costruiti. I lavori proseguirono negli anni successivi, attraverso ulteriori ampliamenti fino al 1900 circa, quando l'Arsenale raggiunse la configurazione definitiva. L'odierna struttura rispecchia in pratica quella raggiunta con l'originario progetto del Maggiore Chiodo. Come spiegano al Comando Marittimo Nord, da cui l'Arsenale dipende, restano come capisaldi di tale progetto: le due darsene interne; i sei bacini in muratura; le officine principali (congegnatori, calderai, tubisti, artiglieria, ecc.). La costruzione dell'Arsenale ha determinato la vera nascita della città ed il suo primo disegno urbanistico: al'inizio del 1800 La Spezia era infatti un piccolo borgo dell'impero napoleonico, con una popolazione di circa 3000 persone. Con la costruzione dell'Arsenale la città ebbe un rapido sviluppo economico e, in conseguenza della disponibilità di nuovi posti di lavoro, anche un notevole sviluppo demografico: la popolazione raggiunse le 31.500 unità nel 1881, le 60.000 unità nel 1901, le 123.000 nel 1940. Inizialmente – spiega il Nucleo pubblica informazione del Comando marittimo - il compito principale dell'Arsenale era quello di costruire unità navali per la Marina Militare e fra il 1871 e il 1923 furono varate dagli scali dello stabilimento 8 corazzate, 6 incrociatori, 2 torpediniere, 2 cannoniere, 9 sommergibili, oltre a numerose unità minori di appoggio.In quegli anni l'Arsenale aveva la capacità di costruire non solo gli scafi delle navi ma anche i macchinari, le armi e le apparecchiature necessarie sia alla propulsione che ai sistemi di combattimento. Durante il secondo conflitto mondiale, in considerazione della sua importanza strategica, l'Arsenale – che ospitò fra l'altro la II squadra e la X flottiglia Mas – fu pesantemente bombardato e andò quasi completamente distrutto. La ricostruzione cominciò subito nel dopoguerra e la base tornò ad essere operativa già nel primo dopoguerra. Per tutto il periodo della guerra fredda, l'Arsenale è stato sede dellaI divisione navale. La struttura è ancora quella del progetto originale del XIX secolo, anche se la conversione di officine, magazzini, laboratori, attrezzature è stata necessaria per razionalizzare le strutture e riqualificare le maestranze alle esigenze della moderna tecnica navale. Attualmente l'Arsenale non costruisce più navi e sono diventate prevalenti le attività di manutenzione e, dove occorre, trasformazione, anche radicali, delle unità navali, oltre al mantenimento in efficienza di infrastrutture, mezzi e attrezzature impiegati per l’assolvimento dei compiti di istituto.